La terapia ormonale dei tumori

La terapia ormonale dei tumori

Molte le motivazioni dell’abbandono, spesso legate agli effetti collaterali dei farmaci e alla mancanza di supporto. “In caso di pazienti con tumore ormono-sensibile avanzato con lesioni a distanza dalla sede primaria del tumore che non possono essere operate, alle opzioni già citate si aggiunge il fulvestrant o in associazione agli analoghi dell’LH-RH nelle donne in pre-menopausa o da solo in post-menopausa. Recentemente, per queste pazienti sono inoltre disponibili altri farmaci biologici in aggiunta alla terapia ormonale”. Sono stati pubblicati diversi studi che hanno affrontato in modo specifico gli effetti della IA sullo scheletro.

  • Tuttavia, sebbene molte delle pazienti trattate in questo modo abbiano un’eccellente prognosi a lungo termine, gli effetti avversi sul metabolismo osseo rappresentano una sfida clinica importante.
  • Nelle donne con neoplasia mammaria con recettori ormonali positivi in fase avanzata di malattia, gli agonisti dell’LHRH vengono associati alla terapia endocrina indicata per la paziente.
  • È importante sottolineare inoltre che anche quando i cicli mestruali sono interrotti per effetto della cura ormonale è possibile che si instauri una gravidanza.
  • Uno studio di confronto tra letrozolo e tamoxifene ha riportato un tasso di fratture più elevato tra i pazienti trattati con letrozolo (9,3%).

La scelta del trattamento ormonale dipende da una serie di fattori come le caratteristiche della malattia, la presenza e il numero di recettori specifici, se la donna è o no in menopausa, se ha già ricevuto altre cure e quali. Per evitare la ricomparsa della malattia, in genere il trattamento ormonale deve essere assunto per cinque anni; tuttavia questo periodo può variare a seconda della risposta ottenuta e nel caso di malattia avanzata. Gli inibitori dell’aromatasi posso essere utilizzati anche dalle donne in premenopausa, ma necessariamente in associazione con un farmaco della classe degli LHRH analoghi agonisti (triptorelina, goserelin, leuprorelina acetato), poiché altrimenti non potrebbero funzionare. In particolare negli ultimi anni, le ricerche hanno evidenziato che, nelle pazienti in premenopausa affette da neoplasia mammaria con recettori ormonali positivi e specifiche caratteristiche, l’assunzione di un inibitore dell’aromatasi in associazione con un LHRH analogo per 5 anni dopo l’intervento chirurgico riduce il rischio di recidiva.

Vampate e menopausa: un’alternativa alla terapia ormonale

L’approccio farmacologico deve essere sequenziale e adattarsi all’intensità del dolore, questa viene quantificata con apposite scale di valutazione. I FANS svolgono attività analgesica e antinfiammatoria, la risposta a questi farmaci è però individuale e varia da paziente a paziente, così come diversi sono gli affetti avversi. Gli analgesici invece agiscono sul dolore ma non sull’infiammazione e la scelta del farmaco varia in base all’entità del dolore (dolore lieve, farmaci non oppioidi; dolore moderato, oppioidi deboli; dolore intenso, oppioidi maggiori).

  • Per evitare la ricomparsa della malattia, in genere il trattamento ormonale deve essere assunto per cinque anni; tuttavia questo periodo può variare a seconda della risposta ottenuta e nel caso di malattia avanzata.
  • D’altra parte, poiché la maggior parte delle interazioni oggi note tra erbe e farmaci sono frutto di singole e sporadiche segnalazioni da parte di operatori sanitari, è difficile stabilire con certezza una associazione causale.
  • L’osteoporosi è caratterizzata da una modifica alla struttura dell’osso con conseguente fragilità e maggior rischio di fratture; le più frequenti sono quelle a carico della colonna, del femore e del polso.
  • Gli inibitori dell’aromatasi sono indicati nelle donne già in menopausa e che quindi non producono più estrogeni dalle ovaie, ma solo nei tessuti periferici, soprattutto quello adiposo.
  • Per quanto riguarda il benessere fisico, l’umore e i disturbi del sonno, c’è stato un peggioramento minore con la somministrazione intermittente se confrontata con la classica somministrazione continua.

Il trattamento può iniziare prima, durante o dopo la radioterapia e prosegue per un periodo variabile da sei mesi a tre anni. Quando la malattia è troppo estesa o diffusa per essere trattata efficacemente con l’intervento chirurgico o la radioterapia, e se sono presenti metastasi ai linfonodi o disseminate, la terapia ormonale rappresenta lo standard di provati-steroidi riferimento. Premetto che sono una di quelle pazienti quasi “miracolate” che in 3 mesi di chemio con adriamicina + ciclofosfamide seguiti da 4 di taxolo, non ha MAI avuto un minuto di nausea (vomito men che meno)!!! Dopo 2 settimane di sospensione sono passata ad un altro inibitore dell’aromatase, l’exemestane (Aromasin, ma esiste anche il generico).

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Il sole è una insostituibile fonte di vita ed è molto importante per il nostro organismo per moltissimi aspetti, ma può anche diventare dannoso nel momento in cui si presta poca attenzione nel proteggere la propria pelle, soprattutto in estate, quando ci si espone ai primi raggi di sole, dopo i mesi invernali. Da oltre 50 anni Humanitas San Pio X è un punto di riferimento per pazienti e medici, riconosciuta fin dalle sua origine per la vocazione al servizio, alla cura e all’assistenza dei malati. Humanitas San Pio X a Milano offre prestazioni di assistenza in regime di ricovero ordinario, day Hospital e day surgery.

A conferma del ruolo dell’exemestane, i ricercatori riportano il fatto che dopo l’interruzione del trattamento si è osservata una reversione nella BMD e i tassi di frattura sono tornati paragonabili a quelli osservati con tamoxifene. A differenza dell’anastrozolo, l’exemestane esercita effetti blandamente androgenici che potrebbero tradursi in un profilo farmacologico più “favorevole alle ossa” sebbene vi siano poche prove cliniche a sostegno di questa ipotesi. Studi in vitro hanno dimostrato gli effetti stimolanti dell’exemestane sulle linee cellulari osteoblastiche. Un gruppo di ricercatori italiani, guidati da Lucia Del Mastro del Policlinico San Martino – IRCCS per l’oncologia di Genova, ha proposto un nuovo uso della triptorelina, dimostrando che nelle donne con tumore al seno è efficace nel proteggere la fertilità dagli effetti tossici della chemioterapia.

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Questi farmaci possono essere usati per ridurre le dimensioni del tumore prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) oppure, più spesso, dopo l’operazione ed eventuali chemioterapia e/o radioterapia, per evitare la ricomparsa della malattia (terapia adiuvante). La possibilità di essere sottoposte alla terapia ormonale dipende dalla presenza, sulla superficie esterna delle cellule tumorali, di recettori per gli estrogeni e/o per il progesterone. Il legame tra queste particolari proteine e gli ormoni stimola la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali.

I farmaci che ne bloccano l’attività dell’aromatasi determinano quindi la riduzione della quantità di estrogeni in circolo e, di conseguenza, la quantità di ormoni che possono raggiungere eventuali cellule tumorali.residue. Se da un lato l’efficacia clinica degli inibitori dell’aromatasi è ampiamente dimostrata, dall’altro, come avviene per molti farmaci, anche questi possono presentare alcuni effetti collaterali. Gli ormoni sessuali, estrogeni e progestinici, sono implicati anche nello sviluppo del cancro dell’ovaio, stimolando la proliferazione delle cellule cancerose.

Tumore al seno: quanto prolungare la terapia ormonale adiuvante?

Solo quando l’oncologo mi ha prescritto il Temoxifene, ho iniziato a perderli di nuovo, per la precisione dopo un anno e sette mesi che assumevo il farmaco. In testa diciamo che l’effetto ero quello di capelli radi (insomma, si vedeva molto il cuoio capelluto). Lasciato il Temoxifene, sono passata al Femara col primo di settembre di quest’anno (2015).

Letrozolo: un’alternativa al testosterone per la promozione della pubertà endogena

Rientrano nella terapia non farmacologica l’esercizio fisico, l’agopuntura e le tecniche di rilassamento. L’attività fisica è certamente importante, anche perché secondo alcuni studi libera citochine antinfiammatorie con conseguente riduzione del dolore. Raccomandiamo almeno 150 minuti di attività fisica a settimana e consigliamo, per esempio, di camminare a passo veloce. Abbiamo poi risultati incoraggianti sull’agopuntura, ma non siamo in possesso di dati certi e dunque occorreranno nuovi studi.

Per quali tipi di tumore viene utilizzata la terapia ormonale

Poiché il farmaco può essere nocivo per lo sviluppo del feto, è bene accertarsi di non essere incinte prima dell’inizio della cura e concordare con i medici un metodo contraccettivo adatto al proprio caso, da assumere per tutta la durata del trattamento. Prima della menopausa, la maggior parte degli ormoni sessuali femminili circolanti è liberata nel sangue dalle ovaie. Dopo la menopausa, invece, le ovaie non producono più ormoni e gli estrogeni circolanti sono prodotti da tessuti periferici dell’organismo (soprattutto il tessuto adiposo e i muscoli) a partire dagli androgeni prodotti dalle ghiandole surrenali.